Dati Istat: l’Italia unità nella povertà

Bottalico (Acli) su dati Istat

L’Italia unità nella povertà

La povertà oltre a colpire le vittime della crisi, riguarda sempre più chi disponeancora di reddito da lavoro o pensione. Dare risposte al dilagare della povertà assoluta

 

Roma, 17 luglio 2013 – “I dati Istat sulla povertà relativi al 2012” – afferma Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli – attestano un significativo peggioramento, segno che la crisi colpisce i ceti lavoratori, estende il numero dei lavoratori poveri ed ampia la categoria delle persone e delle famiglie in povertà assoluta. Questi dati dell’Istat confermano quanto le Acli hanno rilevato tra i contribuenti che si rivolgono al proprio Caf, nel Rapporto Acli sui redditi di lavoratori e famiglie: i redditi dichiarati nel medesimo quadriennio esaminato dall’Istat 2009–12) risultano in calo a livello complessivo (-1,08%) e in particolare quelli da lavoro dipendente (-3,12%).

Preoccupa –prosegue Bottalico – l’aumento della povertà assoluta, per dimensione, quasi cinque milioni di persone coinvolte, con un incremento di circa un terzo dell’incidenza rispetto al 2011, e per intensità, aggravando la forbice delle diseguaglianze.

La situazione peggiore è per le famiglie, specie al Sud, con il capo famiglia disoccupato, ma anche il Nord non è salvo, si registra un aumento della povertà assoluta anche tra impiegati e dirigenti, ed addirittura tra le famiglie che dispongono di redditi da lavoro e di pensione. L’immagine disegnata dai dati Istat è quella di un Paese unito nella povertà e nell’impoverimento delle famiglie.

Occorre dunque – conclude il presidente delle Acli – frenare la perdita di posti di lavoro, attraverso un piano industriale capace di rilanciare la produzione in Italia e di valorizzare le professionalità, ed occorre intervenire sul piano fiscale con nuove detrazioni per dare ossigeno alla capacità di spesa delle famiglie, prima che i numeri del disagio sociale, ed in particolare quelli relativi alla povertà assoluta, risultino ingestibili politicamente e per sboccare la dinamica dei consumi, a cui sono appese le possibilità di ripresa”.

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