Cardinal Ersilio Tonini: i funerali martedì. Aperta la camera ardente nella Chiesa di S.Teresa

Si svolgeranno martedì prossimo i funerali del cardinale Ersilio Tonini, arcivescovo emerito di Ravenna-Cervia; era il più anziano porporato vivente e aveva compiuto 99 anni lo scorso 20 luglio. Nato nel 1914 a Centovera di Sangiorgio Piacentino da una famiglia contadina, entrò in seminario a 11 anni, fu ordinato sacerdote a 22 anni e vescovo a 54 anni.  Aperta la camera ardente nella chiesa di Santa Teresa. Il cardinale riposerà prima al cimitero poi in Cattedrale

 

dal sito ravenna24ore.it

E’ stata allestita, dal primo pomeriggio e fino alle 22, nella chiesa superiore di Santa Teresa, la camera ardente per il cardinal Ersilio Tonini. Vestito in abiti cardinalizi, sarà esposto fino a martedì mattina quando probabilmente si terrà il rito delle esequie, in Cattedrale, a Ravenna. Domani la camera ardente sarà aperta dalle 8 alle 22. Per quanto riguarda i funerali, “stiamo aspettando di sapere dalla Santa Sede chi presiederà la celebrazione, con tutta probabilità un cardinale – spiega l’arcivescovo della diocesi di Ravenna-Cervia monsignor Ghizzoni – . Poi potremo fissare anche l’orario della celebrazione”. La salma del cardinal Tonini, spiega ancora l’Arcidiocesi, sarà portato al cimitero monumentale, in una delle tombe riservate agli arcivescovi, dove riposerà fino all’autunno, quando probabilmente sarà pronto uno spazio, nella nuova parte restaurata della Cattedrale, proprio sotto la Cappella di Sant’Andrea, dove sarà sepolto definitivamente, assieme ad altri arcivescovi, nel cuore della sua Ravenna.

“La diocesi perde un pastore, un padre, un vescovo che le ha dato uno slancio missionario e ha rilanciato il seminario. Ravenna perde un pastore attento ai più poveri, agli emarginati e ai malati con cui aveva scelto di fare casa, andando ad abitare a Santa Teresa. La Chiesa perde un grande comunicatore capace di far sentire la gente vicina alla Chiesa e viceversa, commenta. monsignor Ghizzoni. “Non conoscevo il cardinal Tonini, se non di fama, prima del mio arrivo a Ravenna – prosegue l’arcivescovo -. Ma ogni volta che sono andato a trovarlo, nei momenti in cui era più lucido, ha sempre riaffermato la sua fede con lo stile tipico, diretto, che lo caratterizzava e con il coraggio di comunicarla a tutti. Non aveva paura della morte, diceva di essere già pronto. Sabato 20 luglio in occasione del suo 99esimo compleanno ha ribadito il suo completo abbandono al Signore. ‘Come Lui vuole, quando Lui vuole, sono pronto’, mi ha detto. “Spero che Lui tenga conto delle mie poche opere di carità”.

Ieri l’arcivescovo, alla notizia che le sue condizioni erano peggiorate, è andato a trovarlo attorno a mezzogiorno: “Abbiamo recitato insieme alle suore che lo assistevano l’Angelus – racconta -. Poi sono tornato in serata ma era molto agitato e non più cosciente. Desidero ringraziare nuovamente le suore della Piccola famiglia e il personale di Santa Teresa per l’affetto con il quale lo hanno curato in questi anni e per la grande assistenza che gli hanno dato. Non pochi volontari, soprattutto negli ultimi mesi, hanno passato notti al suo fianco”. E proprio per e con i volontari, il personale e le suore di Santa Teresa, ormai diventati la famiglia del cardinal Tonini, monsignor Ghizzoni celebrerà una Messa domani mattina alle 9.30 in ricordo del cardinale.

dal sito Korazym.org

Fu creato cardinale da Giovanni Paolo II nel 1994, quando aveva già compiuto 80 anni. Da sempre attivo nel mondo della comunicazione e della pastorale giovanile, è stata una della figure più conosciute e popolari della Chiesa in Italia. Proprio nel giorno del suo compleanno aveva parlato del ruolo che dovrebbe avere il giornalismo: “Non ha ancora capito quale sia il suo ruolo perchè il suo vero ruolo, il suo compito, è quello di andare a vedere la realtà attuale con gli occhi degli uomini attuali. Il giornalismo italiano e mondiale o è profeta o è niente”.

Pur piccolo, in quanto il card. Tonini restò vescovo di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli e Treia fino al 1975, ricordo i momenti conviviali con noi piccoli e la sua confidenzialità nello spiegarci il Vangelo, prima a noi eppoi ai nostri genitori; amava molto incontrare i fedeli nelle parrocchie; era attento alle preoccupazioni delle famiglie ed ascoltava tutti attentamente. E’ stato un costruttore di chiese nelle periferie delle città che si andavano espandendo aldilà del centro storico.Risale al 1947 il suo primo incontro con il mondo della comunicazione sociale, quando ha assunto la Direzione del settimanale diocesano ‘Il nuovo giornale’, in un momento segnato da forti contrasti sociali e dalla lotta di classe.

Fu nominato vescovo da papa Paolo VI il 28 aprile 1969 delle Diocesi di Macerata e Tolentino, nonché delle Amministrazioni Apostoliche di Treia, di Cingoli e di Recanati (solo successivamente unite), dove si impegna a tradurre lo spirito del Concilio Vaticano II nella concretezza della vita diocesana. In tale veste attuò una coraggiosa riforma agraria cedendo ai contadini i terreni della diocesi. Nel 2004 il comune di Macerata gli diede la cittadinanza onoraria: “Quando arrivai a Macerata, aveva detto in occasione della cerimonia, ritrovai il clima famigliare della mia parrocchia in Emilia; qui ho trovato una ‘humanitas’, un senso profondo dell’uomo, che il Nord appena industrializzato aveva perduto”.

Il 17 dicembre 1975 prende possesso dell’Archidiocesi di Ravenna e la diocesi di Cervia (poi unite il 30 settembre 1986). Con un gesto che colpì profondamente i suoi nuovi concittadini, lasciò il suo appartamento nello splendido Palazzo arcivescovile a un nucleo di tossicodipendenti in cerca di salvezza. Si ritirò nell’Istituto Santa Teresa, dove ha vissuto fino alla morte accanto ai malati più gravi. Nel 1987, interviene sulla questione della ‘domenica festiva’ abolita da un contratto di lavoro nel settore tessile, ricordando che simili iniziative distruggono la dignità stessa del lavoro; nel 1988, ha animato la campagna nazionale per la raccolta di fondi per l’acquisto di mucche per gli indios Yanomani della diocesi brasiliana di Roraima. L’iniziativa, ‘Uma vaca para o Indio’, aveva lo scopo di impedire l’esproprio delle terre degli indigeni.

La legge brasiliana prevede infatti che non possano essere tolte agli indios le terre dove pascolano le mandrie. Giovanni Paolo II, informato da Mons. Tonini stesso durante il Sinodo dell’autunno 1987, fu il primo a contribuire generosamente all’iniziativa. Negli anni del suo episcopato, mons. Tonini ha dato un forte impulso alla Caritas diocesana invitandola a seguire maggiormente i bisogni emergenti nel territorio ravennate e portando alla creazione dell’AVULSS per il servizio di volontariato alle fasce più emarginate (anziani, handicappati, carcerati), la Mensa della Fratellanza, il Tribunale dei diritti del Malato, il Gruppo Alcolisti Anonimi, il primo nucleo degli obiettori di coscienza.

Molte volte è ritornato a Macerata e Tolentino e in tanti incontri ci raccontava delle ‘novità’ scientifiche sulla vita e sulla morte: “Ho imparato a non aver paura della morte soprattutto quando sono stato parroco, a Salsomaggiore. Appena arrivato, una notte mi mandano a chiamare, c’è uno che sta morendo e vuole il prete. Ricordo ancora che mestiere faceva: il tassista. Mi dice: reverendo mi aiuti, voglio comparire dinnanzi a Dio con l’anima libera. Nella sua semplicità voleva offrire la propria morte come atto di restituzione della vita avuta in dono da Dio. Andava incontro alla morte con una serenità impensabile. Mi dissi: c’è sempre gente che ci supera, all’infinito, nella fede…

Fare il parroco, stare in mezzo alla gente, per me è stata una grande lezione. Mi si è svegliato il senso dello stupore. E mi sono convinto che l’uomo è una meraviglia: davvero si capisce perché nella Bibbia è definito il capolavoro di Dio… Anche nelle persone che credevi più banali alla fine scopri risorse impensabili, un deposito segreto. L’uomo è una creatura tale che non può dissolversi nel nulla… Ho appreso fin da ragazzo lo stupore di vivere. Non ho mai dato per scontato di essere al mondo, mai. Per me, ogni mattina, il risveglio è come fosse una nuova nascita.

Considero il tempo come una serie infinita di momenti da centellinare, uno dopo l’altro, con piacere, fino alla fine… Tutto quello che la ragione dice essere giusto e onesto nel rispetto della persona umana è doveroso e sacrosanto. Tutte le verità della fede mai possono contraddire le verità della ragione e viceversa; è proprio su questo che ci si deve intendere. Il problema in realtà è cosa debba intendersi per uomo, per dignità della persona: per fortuna noi abbiamo nelle carte costituzionali europee, e particolarmente nella nostra Costituzione, già preciso e nitido il concetto di persona e dignità della persona che è il frutto della penetrazione del messaggio cristiano nelle coscienze.

E ci parlava della Chiesa: “I momenti più tragici della Chiesa sono i momenti della giovinezza della Chiesa. Sant’Agostino è quasi ossessionato dalla distruzione di Roma. Anzitutto perché è Roma, e, secondo, perché i pagani, di quella distruzione, davano la colpa ai cristiani. All’inizio della Città di Dio, dice: ‘Ma voi credete proprio che da questo la Chiesa, il Vangelo, non tragga una spinta in avanti?’. Ecco, in questo momento, mentre siamo disorientati e sconvolti e ci pare che il mondo vada verso la distruzione totale, io sono intimamente convinto che da questa tragedia… che cosa verrà fuori? Ebbene, sta finendo il tempo delle divisioni e delle contrapposizioni e comincia il tempo dell’identificazione. Cioè le nazioni scompaiono, la storia passata perde il suo peso e ci accorgiamo che accade come al popolo ebreo, che aveva bisogno delle deportazioni per tornare a capire. La grande sfida, guardando il futuro, sta proprio qui: se riusciremo a stare insieme oppure no!

La storia, a differenza di ciò che dicevano i greci, non è circolare, ma è una freccia che si muove verso il futuro. La Chiesa è per il futuro, il Vangelo è tutto al futuro. O no? Ora io dico: la Chiesa è madre in questo senso, il compito della Chiesa, sempre più, specialmente dopo il Concilio, è di essere responsabile delle azioni a venire. Neanche a farlo apposta, la Chiesa possiede proprio il titolo di ‘cattolica’: tutti insieme”.

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