
Il 25 aprile si festeggia la liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Una data fondamentale per la storia del paese che Emiliano Manfredonia, presidente nazionale ACLI, commenta così:
“L’amavo troppo la mia Patria, non la tradite, e voi tutti giovani d’Italia seguite la mia via e avrete compenso della vostra lotta ardua nel ricostruire una nuova unità nazionale”
Queste parole di Giancarlo Puecher, medaglia d’oro al valor militare della Resistenza, scritte poco prima di venire fucilato per ordine di un tribunale fascista nel dicembre del 1943 sintetizzano il senso della partecipazione di moltissimi cattolici alla lotta di liberazione nazionale, e il loro progetto per il dopo, quello di “ricostruire una nuova unità nazionale”.
Peraltro, la Resistenza al nazifascismo fu fenomeno di portata europea, e ovunque si trovarono figure di credenti disposti a mettere in gioco la loro stessa vita in nome di un bene superiore, come dimostra la vicenda dei giovani della “Rosa Bianca”, maturata nel cuore stesso del Terzo Reich, o quella dei numerosi cattolici francesi, belgi, olandesi, polacchi e di tutti gli altri popoli dell’Europa oppressa che attivamente, con o senza le armi, lottarono per la libertà e la democrazia.
Della nuova unità nazionale italiana si fece costruttrice l’Assemblea costituente, composta da uomini e donne che in gran parte avevano partecipato direttamente o indirettamente alla Resistenza, e che realizzarono quel felice compromesso ideale e istituzionale che è la nostra Costituzione.
Allo stesso tempo, la suggestione di una nuova Europa federale, che bandisse definitivamente il nazionalismo e la guerra dalla propria storia, fu anch’essa figlia del movimento resistenziale che, dalla tragedia della guerra, traeva la convinzione di un comune destino del nostro Continente che andasse oltre i continui conflitti fratricidi.
Celebrare gli ottant’anni della Liberazione significa per le ACLI – che fra i fondatori in tutte le Province d’Italia ebbe numerosi partigiani – celebrare il coraggio e lo spirito di sacrificio di quegli uomini e quelle donne che, armati o meno, parteciparono a un grande moto popolare di riscatto dopo anni di dittatura e una guerra insensata a fianco di un regime disumano e feroce.
Le aspirazioni fondamentali di coloro che parteciparono alla Resistenza erano la libertà, la giustizia sociale e la pace: tutti questi elementi sono all’interno della Costituzione e vincolano le scelte di tutte le forze politiche che a essa vogliono serbarsi fedeli, cercando nuove strade per far avanzare la democrazia, superando l’ormai intollerabile divario fra le classi sociali, affermando le ragioni della pace e della diplomazia contro quelle della violenza e della guerra. E anche il rilancio dell’ideale europeista nel suo senso più classico di lotta contro le divisioni artificiose, il rinascente spirito nazionalista, la concezione della difesa comune come puro e semplice riarmo, di crescente integrazione economica, sociale e culturale, di accoglienza nei confronti dello straniero, del debole, del povero.
Festeggiando l’anniversario della nostra Liberazione, vogliamo ricordare l’estremo messaggio che nel giorno di Pasqua ci ha lasciato il nostro amato papa Francesco: “Nessuna pace è possibile laddove non c’è libertà religiosa o dove non c’è libertà di pensiero e di parola e il rispetto delle opinioni altrui. Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo!”
Con questo spirito, con questo proposito, le ACLI parteciperanno alle celebrazioni degli ottant’anni della Liberazione in tutta Italia.
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Qua sotto il volantino per la Festa del 25 aprile realizzato dalle Acli di San Martino in Strada (Diocesi di Alba, provincia di Cuneo), in cui si possono leggere le parole che il cardinale Matteo Zuppi pronunciò l’anno scorso:
«Il 25 aprile è il giorno della liberazione dalla guerra e dalla cultura della guerra, dall’idea mitica dell’uomo superiore, dalle politiche razziste o antisemite, dal disprezzo della vita di quanti erano considerati inutili perché malati o asociali, dalla discriminazione politica, dal soffocamento di ogni libertà attraverso l’imposizione a cominciare da quella ottenuta dai mezzi di comunicazione.
E la pace non è mai per sempre, richiede sempre l’impegno a difenderla, ripudiando la guerra e facendo crescere il diritto e gli strumenti pacifici».
