Pastorale sociale: silenzio e Parola nella riflessione di don Franco Appi

Silenzio e parola: un cammino di evangelizzazione In margine al documento di Benedetto XVI Per la giornata delle comunicazioni sociali

Il messaggio del papa richiama la complementarità di parola e silenzio come fondamentali per la comunicazione e per la socializzazione di conseguenza. La società è fatta di comunicazione e scambio di idee. La sorpresa del messaggio è il primato del silenzio.

a) Innanzitutto il silenzio è necessario per l’ascolto. Sembra ovvio ma nell’epoca dell’assemblearismo dove tutti parlavano e nessuno ascoltava, forse non era così ovvio, e forse non lo è neanche oggi. L’ascolto e l’accoglienza dell’altro sono i riferimenti necessari per rinnovare le relazioni, per creare relazioni nuove a tutti i livelli. Saranno nuove relazioni, intese come beni relazionali e nuovo capitale sociale a rinnovare la politica e il sistema economico nel futuro che già è iniziato. Sarà un futuro in cui le relazioni umane, finalizzate cioè al riconoscimento dell’altro e alla accoglienza, avranno un primato sull’economia e saranno fondamento di una nuova politica.

Silenzio per l’ascolto è la prima fase; così non si zittisce l’altro, non si prevarica su di lui, non gli si impedisce di esprimersi, come accade in tanti desolanti programmi televisivi. Il silenzio è disciplina nel discorso che a sua volta sa essere sintetico per lasciare all’altro il tempo dell’ascolto, della riflessione e della risposta.

2) Il silenzio è necessario e importante, come sottolinea il papa, per il discernimento e la verifica della realtà, per l’analisi e lo studio degli avvenimenti, per la loro comprensione. Nella confusione delle parole e delle visioni preconcette, come le ideologie, non c’è opportunità facile di vedere la realtà.

Il silenzio è condizione necessaria per la ricerca della verità, ogni verità anche quelle quotidiane e pratiche.

3) Il silenzio è anche ascolto di sé, delle proprie domande, delle proprie attese. È nel silenzio, dice il papa, che conosciamo meglio noi stessi, nel silenzio nasce il pensiero che è risposta innanzitutto alle domande fondamentali.

4) Infine il silenzio è la condizione per la contemplazione di una verità che sempre ci trascende. Nel silenzio Dio parla all’uomo e l’uomo scopre la possibilità di parlare con Dio. Ciò avviene anche per i non credenti, se sono cercatori di verità.

L’uomo è un cercatore di verità e questa ricerca è all’origine della libertà.

Ogni verità genera libertà perché genera conoscenza, anche se provvisoria, limitata e dinamica.

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La ricerca dice non fanatismo, non fondamentalismo, non integralismo. La verità non è mai posseduta, é solo parzialmente conosciuta e sempre instancabilmente cercata e voluta.

Anche la verità rivelata per noi, non è mai conosciuta interamente, ma solo confusamente e come in uno specchio, come dice Paolo. Specchi di metallo come ai suoi tempi. Siamo anche noi, anzi noi con grande passione, cercatori della verità e di Dio.

La libertà è generata nello stesso istante in cui si cerca liberamente (appunto) la verità.

La libertà non è una funzione della proprietà, come si è pensato nell’epoca moderna, per cui io sono libero perché padrone di me stesso, ma sono libero perché posso cercare il senso e il fine della mia vita e delle mie singole azioni, e scegliere i mezzi per raggiungerli.

L’importanza della ricerca della verità è la dinamica esistenziale che rende più autentica la nostra vita. Chi si occupa di informazione diventa educatore di verità e libertà; educatore nel senso più vero di condurre fuori dal buio della non conoscenza e della menzogna.

Ma è educatore se egli stesso è un ricercatore di verità e libertà, che poi sono connessi strettamente con il bene e con il bello. L’educazione è comunicazione, ha detto il papa nel documento per la giornata della pace.

5) Non rispettare il silenzio significa non rispettare la parola non coglierne il peso di rivelazione e ricerca comune della verità nello scambio delle scoperte. In greco la verità si dice aléteia, cioè rivelazione, svelamento. Non dimentichiamo che per noi cristiani la Parola, con la P maiuscola, è Dio stesso incarnato. Questo già indica quanto per noi è importante la comunicazione e l’ascolto, ma anche la relazione e il dialogo.

Non sfuggirà il riferimento al Logos-Parola in dialogo. La socialità, la fraternità è frutto di questo ascolto e dialogo di Dio con noi e di noi fra noi. La comunicazione è fatta dunque di silenzio e parole in servizio della verità nella carità.

Questo indica la dimensione etica della comunicazione. Le parole sono come macigni che possono distruggere e costruire. Usarle significa rispettarne la dinamica di rivelazione della verità.

La parola può servire per comunicare e per nascondere le conoscenze della realtà. La veridicità non è sufficiente se il contesto non è reso nella sua interezza e per il bene della comunità. Spesso anzi la strumentalizzazione si basa su una veridicità non inserita in un contesto dato per intero, cosicché ne sfuggano i contorni e la realtà appaia diversa da quella che è.

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La notizia non è semplicemente un prodotto da vendere su cui speculare per vendere, per profitto. Essa è un mezzo di libertà, di crescita umana. Se non è così si introduce una dimensione di superficialità e di relativismo assoluto disumanizzante.

In ultimo voglio rilevare il riferimento alla Rete con la erre maiuscola. La rete si presenta come una nuova piazza dove domande e risposte si incontrano, dice il papa. Il rumore della piazza-rete (abbondanza di messaggi) può non favorire il discernimento. Ciò non significa che deve essere evitata, anzi è luogo di incontro e di crescita umana. Occorre però ancora una volta silenzio per la verifica, per la comprensione, per il discernimento. Imparare a stare nelle piazze, anche in quella del web, significa ritagliarsi gli spazi di riflessione, ascolto ragionato, ma anche capacità di socialità, di presenza costruttiva dell’intera comunità.

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