Le Acli alla fiaccolata per il Concilio

“La vicenda delle Acli fu emblematica per quella stagione di grandi trasformazioni e di grandi speranze sociali”.Sul quotidiano L’Unità, un articolo firmato dell’ex presidente Domenico Rosati– “S’incrinò allora l’unità politica” – rievoca gli anni del Concilio Vaticano II alla luce della storia delle Acli , nel complesso rapporto con la Chiesa e con la politica, “sulle frontiere mobili del divenire sociale”.
L’11 ottobre in Piazza San Pietro per il 50° anniversario dell’apertura

Ci saranno anche le Acli in Piazza San Pietro a celebrare “La Chiesa bella del Concilio”, l’iniziativa promossa dall’Azione cattolica italiana in collaborazione con la Diocesi di Roma. Una fiaccolata lungo via della Conciliazione e poi la preghiera con Papa Benedetto XVI, per ricordare i 50 anni dall’apertura del Concilio Vaticano II con il celebre “discorso della luna” di Giovanni XXIII, la sera dell’11 ottobre del 1962.

«Il Concilio ha aperto orizzonti ancora da percorrere» scrivono le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani nel documento di adesione della presidenza nazionale. E l’anniversario è un’occasione di «riflessione e verifica» sul cammino fatto finora, con il «dovere di intensificare il nostro impegno individuale e comunitario». «E’ importante – affermano le Acli – fare tesoro dei frutti del Concilio, riconoscendo le profonde trasformazioni che hanno prodotto nella vita dei credenti e nella stessa società, cambiamenti dei quali spesso sono state protagoniste proprio le associazioni laicali».

Sono tre i frutti del Concilio che le Acli sottolineano nella propria riflessione, tre «doni» che «si presentano contemporaneamente come possibilità e responsabilità da vivere e valorizzare». Il primo: un rapporto più diretto con la Parola di Dio, «forza esplosiva che apre varchi di speranza anche in mezzo al dolore più profondo». Da maneggiare con «cura, profondità, maturazione e competenza», ma essenziale per una «vita secondo lo Spirito».

Il secondo: la responsabilità delle coscienze, «la libertà e la responsabilità dei credenti nel contestualizzare il messaggio del Vangelo dentro la complessità dei tempi». Un esercizio mai separato dall’«esigenza di interpretazioni e indicazioni comuni», che ha saputo elaborare «una voce spesso lungimirante sui cambiamenti e sulle trasformazioni della società, come testimonia l’intenso magistero sociale della Chiesa», che ha visto affermarsi «un sempre più forte pluralismo del fare», dall’impegno sociale alle scelte personali e politiche da attuare.