Famiglie “anello debole” della catena sociale

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da sito ACLI Nazionale
Lunedì 03 Ottobre 2011 10:56
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Risparmi ai minimi da 11 anni.

 

Le famiglie italiane, note in Europa per la loro propensione al risparmio, riescono sempre meno ad essere le formiche che sono sempre state. Lo ha rivelato, nei giorni scorsi, l’indagine dell’Istat che ha di fatto evidenziato come la propensione al risparmio degli italiani sia scesa all’11,3%, in calo dello 0,4%  rispetto al 2010.

Una percentuale più bassa si era registrata solo 11 anni fa, quando le rivelazioni del primo trimestre del 2000 indicavano un valore pari all’11,1%.

Il dato è innegabilmente preoccupante soprattutto se si considera che durante la crisi economica mondiale del 2008 il sistema bancario italiano resse meglio di altri alle bufere dei mercati azionari proprio in virtù della solidità garantita dalla propensione al risparmio delle famiglie italiane.

Perché, dunque, se, sempre secondo i dati Istat, il reddito disponibile delle famiglie è aumentato del 2,3% rispetto allo scorso anno, gli italiani non sono stati in grado di risparmiare? Perché a fronte di quest’aumento si è contemporaneamente verificato quello dei consumi, cresciuti fino al 3,7%.

Le famiglie, quindi, consumano di più di ciò che riescono a guadagnare e danno fondo ai loro risparmi per mantenere gli stessi standard di vita pre-crisi; infatti, il loro potere d’acquisto scende ancora dello 0,3% al netto di un’inflazione che si attesta invece al di sopra del 2,5%.

Sono in particolare le spese incomprimibili a pesare sul bilancio familiare, come utenze e canoni d’affitto, cosicché le famiglie di trovano a dover risparmiare principalmente sulla spesa giornaliera (-1,5% secondo Coldiretti), prediligendo i discount e monitorando costantemente le offerte degli ipermercati.

La situazione non è affatto semplice e di fronte ad essa diviene ancor più evidente l’inadeguatezza delle misure economiche approvate nell’ultima legge finanziaria, che sembra proprio voler colpire la famiglia, primo e unico ammortizzatore sociale del nostro Paese.

Tra i vari provvedimenti, la vera ghigliottina per le famiglie italiane è stata l’aumento dell’Iva, che sebbene sulla carta si sia attestato a solo un punto percentuale (passando dal 20 al 21%), nella realtà dei fatti ciò si è tradotto in un aumento dei prezzi che va ben oltre questa cifra, sfiorando rincari che, secondo una ricerca Adusbef- Federconsumatori, oscillano fra il 3 e il 7%.

È palese, dunque, che il Governo sta chiedendo alle famiglie italiane un sacrificio troppo grande rispetto alle esigue risorse che esse ancora posseggono, peraltro senza impegnarsi a sostenerle ed incentivarle. Bisogna quindi cambiare prospettiva, e smetterla di pensare alla famiglia come un salvadanaio da cui poter liberamente prelevare, immaginandola invece come una risorsa su cui investire, anello da rinforzare per ricostruire solidità economica e coesione sociale.