CARTOON CLUB porta PAZ alla Biennale Disegno Rimini

Cartoon Club partecipa alla seconda edizione della Biennale Disegno Rimini, la più importante manifestazione cittadina dedicata all’arte figurativa, collaborando alla realizzazione della mostra ANDREA PAZIENZA, “… credevo fosse uno sprazzo, era invece un inizio.”, a cura di Egisto Quinti Seriacopi e e Marina Comandini.
La mostra è aperta fino al 10 luglio al Teatro Galli (piazza Cavour) con i seguenti orari: da mercoledì a venerdì ore 11-19; sabato, domenica e festivi ore 11-21; chiuso lunedì e martedì. Biglietti: 10-8 euro. Info: www.biennaledisegnorimini.it

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Cartoon Club collaborò anche nella prima edizione della Biennale Disegno Rimini (2014), per le mostre di Lorenzo Mattotti e di Hugo Pratt.

Scrive Egisto Quinti Seriacopi:
L’opera di Andrea Pazienza è un work in progress. Cominciato e mai finito, vista la sua prematura scomparsa.

La sua vasta produzione, in alcuni casi ancora inedita, spazia dal linguaggio del fumetto all’illustrazione alla pittura, con organica naturalezza sempre diversa e sempre fortemente rappresentativa di quel segno/disegno distinguibile e ancora oggi inconfondibile.

Premettendo che ansia, depressione, solitudini profonde non mancano in nessuno e sono frequenti anche in individui sani capaci d’integrarsi socialmente e che, quindi, il sottoporsi ad analisi non è indice di anormalità quanto piuttosto un modo di capirsi per giungere a un più alto livello di esistenza, credo che una valutazione approfondita dell’opera globale di Andrea Pazienza sia più di competenza dello psicanalista che del critico. Pazienza è stato l’unico autore italiano assolutamente libero di scrivere e disegnare quello che ha voluto o, almeno, sentito. La sua opera grafica è, salvo qualche rara eccezione, espressione immediata e sincera di quanto l’artista provava o sentiva al momento della sua realizzazione.

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“… credevo fosse uno sprazzo, invece era un inizio.” è una frase tratta dal testo che chiude la prima puntata di “Pentothal” pubblicata su Alter Alter (1977), il periodico che accoglie la prima apparizione di un lavoro narrato con il linguaggio del fumetto e già rappresentativo della sua autoreferenzialità; come pure lo saranno le sue opere più ampie, e forse più conosciute oltre “Pentothal”, ovvero “Zanardi” e “Pompeo”. Il cui protagonista, pur con nomi e fisionomie differenti, è sempre Andrea Pazienza: un cronista che, raccogliendo gli umori del vissuto quotidiano, gli accadimenti, i luoghi di quegli anni, i fermenti e le pulsioni giovanili, ne amplifica – rafforzandole – tutte le specifiche.

La sua apparizione su Alter Alter fu una “prima” folgorante: per quel taglio giornalistico del suo contenuto e per l’identificazione dei personaggi, perfetto riflesso contemporaneo di pensieri e momenti in grado di raccontarci, penetrandola, la vita quotidiana dei protagonisti di quel “movimento del 77” bolognese. Distopica per quegli anni.

Pazienza nasce a San Benedetto del Tronto il 23 maggio del 1956, figlio d’arte di Enrico Pazienza, insegnante di educazione artistica e pittore, e di Giuliana Di Cretico. Cresce a San Severo, in provincia di Foggia, città natia del padre. Si trasferisce appena dodicenne a Pescara, dove nel 1968 frequenta il liceo artistico. Produce in quegli anni scenografie teatrali e partecipa con i suoi dipinti a collettive e personali. Si iscrive al Dams di Bologna nel 1974, vivendo appieno gli anni della contestazione giovanile che racconterà, nel dettaglio visivo e linguistico, in quella sua opera prima dal titolo già provocatorio, “Le straordinarie avventure di Pentothal”. Dove lo “straordinario” non è certamente overture di positive avventure fantastiche. Ne è invece il contrario, è lo straordinario della realtà e della difficoltà quotidiana da parte dei giovani di quel decennio (1977-1987) di vivere la società culturale, politica e intellettuale di quel momento.

Dotato di uno straordinario talento grafico, di rapidità esecutiva e di un’eccellente creatività, si esprime passando con semplicità da una tecnica ad un’altra: l’uso di matita, penna, pennello, pennarello, tempera, olio, o tecnica mista ne dimostrano le grandi capacità espressive.

Alla sua produzione narrativa affianca un’intensa produzione vignettistica e illustrativa che trova ampia ospitalità su testate come Cannibale (1977/1978), Il Male (1977/1982) e Frigidaire (1980/1985), dalla cui costola nascono altre riviste, inserti ed allegati, interessanti esperimenti dalla breve vita editoriale come Frìzzer, Vomito e Tempi supplementari.

Fra le sue tante produzioni vogliamo ricordare manifesto e locandina per “La Città delle Donne” (1980) di Federico Fellini, per “Lontano da Dove” (1983) di Francesca Marciano e Stefania Casini, e quattro straordinarie copertine per altrettanti album vinilici di Roberto Vecchioni.

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Muore a Montepulciano nel giugno del 1988, in piena produzione artistica, lasciando alcune opere incompiute. Aveva però terminato quello che certamente possiamo considerare la sua opera più importante, “Pompeo”, che oggi definiremmo un graphic novel. La storia incontra numerose controversie e possibili rifiuti di pubblicazione a causa dei suoi contenuti, proprio da chi lo aveva scoperto e sempre ospitato esaltandone la grande qualità narrativa e artistica; Linus e Alter Alter. “Pompeo” è realizzato di getto usando pennarelli neri, su fogli di block notes a quadretti, organizzato come un diario non razionalizzato. Questo modo di raccontare sembra ancora più intimo e autoreferenziale di un diario, ma invece di escluderci dalla sua comprensione, la sua forma ci fa arrivare il messaggio nella maniera più diretta, efficace e viscerale.

Attraverso “Pompeo” (attenzione a nome e mestiere del protagonista: Pompeo comincia con la “P” come Pazienza ed è un insegnante di fumetti), Andrea Pazienza ci racconta il vortice di emozioni, dubbi, turbamenti e incubi che affastellano la sua mente. Il risultato è il racconto di un inferno doloroso che è poi l’inferno di tanti giovani che non hanno voce e che spesso sono rappresentati da una sola cifra statistica. L’eroina in quegli anni poteva anche rappresentare, non conoscendola appieno e prima di diventare un fenomeno di consumo di massa, un espediente per ampliare le percezioni artistiche e cognitive. La storia di Pompeo invece ne traccia, attraverso la sua drammaturgia segnica e narrativa, tutte le sofferenze contraddittorie e la negatività.

Nella prima edizione in volume di “Pentothal” (1987), Andrea Pazienza aggiunge in appendice una sorta di quello che in quel momento può essere letto come una riflessione, o il voltare pagina sulla sua produzione artistica.

I tragici accadimenti legati alla sua improvvisa scomparsa, di cui ancora oggi non si conoscono le reali cause, lo fanno invece apparire come un lucido e disturbante testamento.