A PENNABILLI, l’incontro di spiritualità delle Acli

Una bella giornata, quella di domenica 21 maggio, dedicata alla formazione spirituale sul tema dell’economia solidale. Le Acli riminesi si sono ritrovate nel monastero di Pennabilli e hanno condiviso riflessioni e momenti di convivialità.

 

Raffaele Russo ne racconta lo svolgimento.

Dopo la preghiera delle suore, c’è stata la presentazione individuale.

Vito Brussolo, presidente delle Acli provinciali di Rimini, ha spiegato che la nostra associazione è nata nel 1944 per dare delle opportunità in più di formazione ai lavoratori, basandosi sui tre concetti di democrazia, lavoro, Chiesa. Parallelamente a Rimini è nato l’Enaip (grazie alla donazione dei coniugi Zavatta) in cui si opera con disabili e persone che hanno difficoltà a vari livelli, con l’obiettivo di offrire loro un lavoro.

Il tema della giornata di spiritualità metteva al centro il dualismo ricchezza / povertà. E su questa tematica una delle monache di Pennabilli ha svolto la sua relazione.

Cosa vuol dire per le suore agostiniane vivere la povertà?

Sant’Agostino la intende come condivisione. Nella regola agostiniana si dice di non possedere beni individuali ma comuni (partendo dalla condivisione degli apostoli – Atti 2,42-45). Gesù si è fatto povero per noi.

Se guardiamo alla realtà di oggi, vediamo che ci sono individualismo, eccessi, consumismo però l’uomo contemporaneo riconosce nella condivisione qualcosa di attraente e desiderabile. Ognuno di noi condivide di sé qualche cosa. Perché la condivisione è così importante?

Il filosofo Roberto Mancini afferma che il desiderio di condivisione viene dal fatto che l’essere umano prima di tutto desidera comunicare (come dono di sé) e relazionarsi con altri. È una condivisione che coinvolge tutto l’essere (condividere tutto ciò che si sa e si ha). La condivisione come dono è fondamentale per la formazione della propria identità personale. Questo desiderio di condividere viene dal fatto che c’è un legame tra tutti noi. Se ognuno si chiude in se stesso escludendo l’altro, sente che dentro qualcosa muore. “Io ho bisogno di te, quanto tu hai bisogno di me”.

Agostino ha scelto un modello fondato sulla condivisione, proprio come accadeva nella chiesa primitiva.

Il primo elemento è ciò che egli intende come monastero, cioè il luogo in cui monaci e monache rendono la chiesa attuale, attiva.

Il secondo elemento è il valore centrale dell’amicizia e l’importanza delle relazioni con gli altri. La comunità fondata da Agostino è basata su comunione, amicizia e condivisione. Ciò che rende possibile la vita comunitaria è la presenza dello Spirito, come era successo agli apostoli.  Una comunione che va oltre gli ostacoli grazie alla presenza dello Spirito Santo.

Sono quattro gli elementi presenti nelle comunità agostiniane: Preghiera, Comunione, Accostarsi all’insegnamento degli apostoli, Condivisione della fede nel Risorto e di conseguenza condividere tutto.

Nel concreto, nel monastero, come si pratica la condivisione? Tutto si condivide, anche una eredità personale, anche quello che entra come guadagno (ad esempio il ricavo di un lavoro svolto da una nostra sorella scultrice). Non esistono beni materiali e spirituali distinti: il bene è UNO.

Conclusione: chi metto al primo posto nella mia vita? Devo fare una scelta. Chi adoro? Un dio sbagliato o Gesù Cristo?

La vita di un consacrato non è diversa da quella degli altri credenti, perché c’è una cosa che ci accomuna: la condivisione di fede nel Risorto. Se adoro un dio sbagliato divento avido, egoista, ingiusto. Il Dio che scelgo porta nella mia vita delle conseguenze positive o negative.

 

Nel pomeriggio si è svolto un incontro con monsignor Andrea Turazzi, vescovo della Diocesi di San Marino e Montefeltro. Anche il vescovo Turazzi ha affrontato il discorso su ricchezza e povertà.

Come la parabola dei talenti può ispirare la vita economica?

Anche gli apostoli hanno avuto difficoltà nei momenti di carestia e qualcuno di loro lavorava. Pensiamo al gioco del Monopoli, che è una combinazione di fortuna e ingegno, in cui non si guarda in faccia nessuno, e si paga fino all’ultimo. Per fortuna è un gioco, una finzione perché nella realtà ci sono l’aiuto, la collaborazione.

Occorre chiedersi che rapporto abbiamo con il denaro. Cosa c’entra il regno di Dio con questo? I soldi possono essere una potenza benefica o diabolica. Riflettiamo: si può diventare schiavi del denaro, di fronte a esso la libertà non è garantita perché il denaro può diventare un idolo.

La ricchezza è importante e buona ma dipende da come la si usa.

Il vescovo ha raccontato che una suora francese, vedendo che la vita nel Monastero si faceva sempre più difficile, si è collegata con altre suore della zona, hanno messo in comune tutti i loro beni. Alla fine queste monache sono diventate una ricchezza per gli altri.

Stefano e Antonella hanno portato la loro testimonianza: l’economia di comunione che si basa sulla cultura del dare, è nata nel 1991 da un’intuizione di Chiara Lubich: economia orientata al bene comune. In tutto nel mondo ci sono 800 imprese che condividono questa esperienza e fanno sì che il Vangelo divenga vita.

Gli incontri hanno aiutato ognuno di noi a chiederci: che rapporto ho io col denaro? Che uso ne faccio? Il Vangelo è una risorsa, è ciò che devo portarmi a casa oggi.

La giornata si è conclusa con la Messa celebrata dal vescovo Turazzi.